La rabbia: pericolo o risorsa?

Degli studi svolti fin dagli anni ‘80 hanno dimostrato che esistono varie emozioni che sono universali e che vengono manifestate con gli stessi schemi facciali presso tutti i popoli esistenti. Le espressioni di queste emozioni possono essere descritte in termini di angoli tra le diverse parti del viso (bocca, occhi, sopracciglia) e indicano in tutti i popoli le medesime emozioni. Queste emozioni sono sei: rabbia, tristezza, paura, gioia, sorpresa e disgusto.
Queste sei emozioni non sono solo universali, ma anche congenite, cioé non richiedono nessun “apprendimento” per essere espresse, come dimostra il fatto che sono presenti anche nei bambini sordo-ciechi che non possono avere appreso né con la vista, né con l’udito l’espressione di queste emozioni.
Però notiamo che la manifestazione di una determinata emozione piuttosto che di un’altra è molto legata all’ambiente culturale in cui si vive, poiché la cultura determina anche quali turbamenti siano adeguati alle situazioni che si possono incontrare. Quindi possiamo dire che le emozioni sono universali nel modo in cui si esprimono e fortemente connotate culturalmente nella scelta dell’emozione più adatta ad ogni situazione.
In particolare, la rabbia è un’emozione fondamentale, perché mobilizza ogni sistema del corpo. Sotto l’influsso della rabbia, infatti, le ghiandole surrenali secernono adrenalina, che a sua volta porta ad attivare tutto il corpo per predisporlo a una reazione di possibile attacco.
Ma nella nostra vita quotidiana a cosa serve essere pronti ad attaccare, laddove è una cosa spesso socialmente poco accettabile? Tanti approcci alla filosofia e alla psicologia suggeriscono di liberarsi della rabbia, come se la rabbia fosse un “male”, mentre nel suo saggio “Il cosiddetto male”, uno dei più grandi etologi, Konrad Lorenz, rileva la funzione adattativa, potenzialmente positiva, della rabbia e dell’aggressività.
La rabbia riesce ad attivare chi la prova, fornisce energie supplementari, porta all’azione e spesso evita di rimuginare. Non bisogna nemmeno pensare che la rabbia vada “usata” in ogni situazione in cui si prova, perché ci sono certamente momenti nei quali è poco funzionale o socialmente inaccettabile. Ma, anche se non fuoriesce, la rabbia può dare delle indicazioni su come ci si sente.
Comunque rabbia e aggressività non sono la stessa cosa: la rabbia è un’emozione, mentre l’aggressività è un comportamento, o meglio un insieme di comportamenti. Si può essere arrabbiati senza essere aggressivi e al contrario. Ad esempio, si può essere arrabbiati senza manifestarlo in alcun modo, come anche si può manifestare l’aggressività senza rabbia. Se ci pensate, tutto il comportamento di caccia appare assolutamente aggressivo, ma non ha alle spalle un’emozione di rabbia: il leone che sbrana una gazzella non è più arrabbiato di noi quando “aggrediamo” un piatto di pastasciutta.
Abituarsi a “sentire” la propria rabbia può essere importantissimo per capire cosa ci sta provocando la situazione che stiamo attraversando, anche se non la possiamo o vogliamo esprimere sul momento. Provare un’emozione del genere significa che ci sentiamo in una situazione in cui non vorremmo essere e forse questa consapevolezza può aiutarci a trovare il miglior modo per uscirne, magari nel modo più diplomatico.
In questo senso la rabbia può diventare una risorsa importante che ci fornisce informazioni su di noi e sull’ambiente o la situazione in cui ci troviamo. Certamente le pretese di annullare la rabbia sono utili nel contesto sociale, ma non per l’individuo.
In conclusione, abbiamo la rabbia come asso nella manica per comprendere noi stessi e adattarci all’ambiente. Prendetevi dunque cura di lei!
Riccardo Sciaky