L’arrampicata, uno sport in salita

Cala Gonone, sole, mare, la barca e io…la felicità!
La barca cullata dalle onde in una piccola baia e io sdraiata sul ponte con gli occhi persi nel cielo.
Un tratto di falesia con delle corde rosse attira la mia attenzione. Che cos’è? Un uomo che oscilla nel vuoto, sospeso ad una corda. Uno, due e hop, si aggrappa alla falesia. Lo guardo progredire, pian piano con il solo aiuto delle braccia, finché non arriva in vetta.
Che bello! Sicuramente una bella scarica di adrenalina! Voglio provarci anch’io!!
Non mi godo più la giornata in barca e penso solo a dove andare per imparare…Mi vedo già appesa alla parete… io, la falesia e il vuoto, un sentimento di libertà, di potere…
Ma, un po’ mi conoscete già… spesso, tra quello che dico e la realtà, c’è un abisso…!
Eccomi alla ricerca di un club che propone l’arrampicata. Lo trovo. L’istruttore accetta di inserirmi nel gruppo e l’appuntamento è preso per il giorno dopo. Sono colma di gioia per il nuovo sport da provare. Compro scarpe adatte e sono pronta. Mi chiedo solo perché mi abbia dato l’appuntamento in palestra?… Magari è solo un punto d’incontro?!
Arrivo carica di energià, eccitata, pronta per la nuova esperienza. Aspetto davanti alla palestra che si faccia vivo l’istruttore. Dopo aver atteso per dieci minuti, gli mando un messaggio: «dove sei?!» mi risponde di entrare in Palestra… Entro. Mi indicano una sala in fondo al locale. E qui spalanco gli occhi… Arrampicarmi sì, ma non su una falesia, bensì su una parete d’arrampicata!
Noooo!!! Non ci credo! Ricordate come m’immaginavo?…Spariti il vuoto, le falesie e il cielo, volato via il sogno dell’aquila, siamo qua, nell’universo del sudore, del profumo di scarpe, del rumore…della noia! Non ho ancora iniziato che già non vedo l’ora di ritrovare il dolce ambiente di casa mia!
Mentre sogno un libro e il divano, Enrico, l’istruttore, inizia a raccontare non so cosa… ho già la testa girata verso un tizio tutto muscoli che sale sulla parete con l’agilità di una scimmia.
Siamo in 3.
Ognuno fa la sua prova, uno dopo l’altro; è il mio turno. Mi mette la corda e mi dice di salire. Con la fiducia di una rana che vuole diventare più grande di un bue, poso un piede, le mani e salgo…
Sì… diciamo che è ciò avrei voluto che accadesse… ma rimango incollata a terra! Enrico mi dice: «tirati sù con le braccia!»
Ma con quali braccia? Vogliamo parlare di queste due cose in gomma che pendono miseramente alla fine delle mie spalle? Tiro, lotto, spingo sulle gambe, ma rimango irrimediabilmente inchiodata a terra. Le braccia in pastetta, vabbè, ci sono le gambe, no? Ma non pensate che sia meglio! Anche loro mi tradiscono e invece di aiutarmi a salire, si sono trasformate in due pezzi di plastilina. Non mi arrendo! Com’è che tutti siano riusciti a scalare questa parete ed io no, niente, zero?! Non capisco. Sicuramente c’è una tecnica che non ho integrato. Questa volta quando Enrico spiega, sto attenta, non perdo una parola.
Adesso ho capito. Dai, riprendo coraggio e salgo…
E no!… Non è proprio così che vanno le cose, combatto contro me stessa, tutto mi trattiene a terra: le cosce ingombranti come una pancia d’asino gonfia, il mio equilibrio è quello di un funambolo principiante sulla corda, ho la tonicità di un budino senza averne il gusto e l’agilità di un elefante al quale si chiede di salire su un albero…e non parlo del mio sedere che vuole farmi capire che chi comanda è lui e si mostra più pesante di un sacco di piombo.
Basta! Ho pietà di Enrico che non sa più cosa inventarsi per farmi salire almeno sui blocchi gialli (i più facili). Anche lui si attacca al mio sedere nel tentativo di sollevarmi… causa persa… è come volere fare entrare un elefante, lo stesso elefante di prima, nel frigorifero in una volta… cosa impossibile!
Dopo essere stata lo zimbello della sala per un’ora, con tutti che mi guardavano come un essere inutile, sono andata via senza uno sguardo per nessuno, senza voltarmi una volta, volendo mettere il più possibile della distanza tra me e il «posto dei supplizi» per dimenticare questo momento, anzi tutta la giornata!
Però la vita qualche volta ci fa degli scherzi…
Qualche giorno dopo, entro in un negozio e mentre cerco tra i vari vestiti, sento «Papa, ma quella non è la donna che non è riuscita a sollevarsi dal suolo?…»
Non c’è dubbio, parlano di me, mi hanno riconosciuta!!! Sono diventata famosa… purtroppo.
Ho solo due scelte, cambiare città, regione, anche paese oppure essere per sempre considerata come un giovane struzzo, un essere pennuto di 15 chili che per tutta la giornata corre e batte forte le ali per volare, ma finisce sempre nello stesso modo: incollato a terra!
Addio capra e cavoli… ad essere presuntuosi ecco ciò che succede…
Chi fa il presuntuoso prima o poi se ne pente!
Christine Lauret
(Lettrice e correttrice Anja Riemann)