Un anno da Nabbo

Ecco a voi uno splendido e toccante estratto di “Un Anno da Nabbo” che Salvatore Vitellino ha donato ai lettori di Emotionletter!
Buona immersione!
«Mamma…»
«Dimmi cucciolo…»
«Ma secondo te… due bambini possono restare amici per sempre? Cioè, intendo anche dopo la scuola, da grandi, anche se poi alle medie o al liceo si perdono di vista…»
A letto, per la buonanotte, Tomà sentiva una gran voglia di confidarsi con la mamma, era uno di quei momenti in cui la voglia di capire, chiedere, sapere, è come l’appetito, un bisogno del corpo, della mente, di tutto.
«Stai pensando ad Alex?»
«No, a dire il vero pensavo a Elena… sai mi trovo bene con lei…»
«Lo so, lo vedo, sono molto contenta che sia nata questa amicizia…»
«Eh, infatti, non so come dire, di lei mi posso fidare, non mi prende mai in giro, cioè a volte lo fa ma è per ridere non per cattiveria… E poi lei mi fa vedere le cose in un modo che, cioè a cui non penso. Tipo, prendi il pomeriggio, giocavamo a Fortnite e io sono sempre preoccupato che mi uccidono e che sul più bello mi si impalla il computer, e invece lei si è messa a guardare il paesaggio, cioè tipo il ristorante, le case, le piscine, sembravamo due turisti in vacanza, ed è stato più divertente che morire sempre… ma io non ci avrei mai pensato di giocare così. Capisci?»
«Sì, credo di sì, Tomà, e sono davvero contenta per te…»
«E poi è avvenuto tutto così, cioè con una semplicità incredibile… io non ho mai capito perché a un certo punto nessuno mi invitava più a casa sua, non sapevo cosa dire, cosa fare… e invece lei così, un giorno si è autoinvitata, e bum siamo diventati amici…»
«Ma le cose accadono così Toma. Quante volte ti ho detto che se vuoi una cosa chiedi, autoinvitati, non aspettarti che gli altri ti notino o ti vengano a cercare, non devi farti cercare, devi proporti e farti trovare… Elena ha fatto così. A un certo punto devi smettere di rimuginare e agire. Non puoi passare il tempo a pensare la vita, altrimenti non la vivi mai.»
C’era altro che Tomà voleva capire, ma non sapeva come chiederlo. Ad esempio gli sembrava speciale il fatto che l’aveva vista d’estate nella sera delle lanterne della pace, in un momento in cui c’era l’inferno ma sembrava che il tempo si fosse fermato, e poi se l’era ritrovata in classe. Così come era speciale il fatto che lei non aveva la puzza sotto al naso e aveva una spontaneità che lo elettrizzava. E quando un pomeriggio le loro spalle si erano toccate aveva capito che c’era qualcosa nella loro confidenza che non aveva mai conosciuto. Non era come quando era felice con Alex, quando giocavano assieme, non era qualcosa tipo “so che tu mi capisci come nessun altro”. Sì certo, lei lo capiva, lei lo faceva divertire, lei non lo tradiva, soprattutto, se lo sentiva, ma non erano queste cose a renderla amica speciale, era il fatto di essere femmina. Sì, era una cosa nuova, ma c’era qualcosa che nessun amico maschio avrebbe potuto dargli, una dolcezza forse? una sorellitudine? anche se non sapeva dire perché non aveva una sorella… Sapeva solo che tutto il tempo che passava con lei aveva un sapore particolare, ma non sapeva andare oltre con i pensieri, dare un nome a quel sapore speciale. E si vergognava a chiederlo alla mamma. Si limitò a dire:
«Quindi io e Elena potremo vederci anche dopo le elementari? Anche se andremo a scuole medie diverse?»
«Ma certo Tomà, dipenderà da te, se lo vorrai farai in modo che accada… Sai, da piccoli possono nascere delle amicizie che non finiscono mai. Possono nascere anche degli amori che durano tutta la vita…»
«Dài, ma che amori, mamma…» si schermì Tomà come se fosse nudo.
«Ma sì cucciolo, non ti stavo prendendo in giro… Parlavo sul serio. L’altro giorno ho letto una storia che mi ha commosso. La storia di Matt Grodsky e Laura Scheel, di Phoenix in Arizona. La storia l’ha raccontata Matt su Instagram e ha fatto il giro del mondo. Si sono conosciuti all’asilo, se guardi le loro foto a tre anni già capisci che avevano una gioia speciale nello stare assieme. Ce n’è una in particolare in cui sono abbracciati, guancia a guancia, lei è scuretta, forse di origini indiane, con un sorriso bianchissimo e gli occhi vispi, e lui è più timido e dolce, si vede che è orgoglioso di lei. A volte succede che a tre anni i bambini dicano che vogliono sposare un compagno di asilo, ma è un gioco. Matt lo ha fatto, ha scritto che una delle prime cose che si ricorda è il momento in cui si è alzato in piedi di fronte alla classe e ha detto che un giorno avrebbe sposato Laura. Cosa avevano di speciale, tu dirai? Qualcosa che non si vede. Lei ricorda che lui era un po’ imbranato ma che si divertivano tanto assieme, e lui che faceva di tutto per attirare la sua attenzione. Visti da fuori facevano quello che fanno tutti i bambini che si vogliono bene, Matt ha scritto che Laura gli insegnò a giocare con l’altalena, a disegnare colline, che recitavano le battute del Re Leonee rimanevano svegli durante l’ora del riposino. Ha scritto anche che era innamorato di Laura da bambino e lo è ancora oggi. E se tu guardi una loro foto di oggi in cui sono abbracciati guancia a guancia come in quella dei tre anni, li riconosci subito, gli stessi occhi vispi di lei, la stessa dolcezza orgogliosa di lui. L’amore è questo Tomà, un’energia che ci fa restare fedeli a noi stessi malgrado tutti i cambiamenti che avvengono fuori. E quando ti guardi indietro non ti senti disperso, quando guardi avanti non ti senti spaventato, perché tutto quello che vuoi è accanto a te…»
«E poi cos’è successo?»
«Poi, alle elementari si sono persi di vista, e anche alle medie. Però si scrivevano, soprattutto i biglietti di Natale, crescevano e assieme a loro cresceva immutata quella cosa invisibile che li aveva uniti. Poi al liceo Laura ha scoperto nel cellulare di un amico comune il nome di Matt, l’amico voleva farli rincontrare ma Laura era un po’ perplessa. Ma dopo che si sono scritti è ritornato l’interesse di un tempo, e dopo due settimane erano già fidanzati. Anche se andavano in licei diversi, e poi sono andati in università diverse, in Stati diversi, hanno continuato ad amarsi e a stare sempre assieme. Finché, alla fine dell’università, con la scusa di un pic nic lui l’ha portata nel giardino del loro vecchio asilo e lì le ha chiesto di sposarlo, e lei… beh…»
«Cosa? Lei cosa?»
>> Continua a leggere qui per scoprire la seconda parte!